A cura di Renato R. Colucci
Il 15 gennaio alle 17.10 locali, le 5.10 in Europa, il vulcano Hunga Tonga-Hunga Haʻapai nell'Oceano Pacifico esplode in una vistosa eruzione. L'onda d'urto percorre l'intera superficie terrestre arrivando sull'Alpeadria poco prima delle 21 del giorno stesso. Ecco gli effetti osservati presso le stazioni meteorologiche locali. A medio termine possiamo aspettarci effetti sul clima con una eruzione di tale portata ?
ERUZIONE DEL VULCANO HUNGA TONGA
Alle 17.10 del 15 gennaio, ora locale delle isole Tonga e 5.10 del mattino in Europa Centrale, il vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Haʻapai ha prodotto una straordinaria eruzione. Le immagini satellitari hanno permesso di apprezzare sia l’estrema intensità del fenomeno sia il fascino ed imponenza degli eventi di questo tipo.
Nel video seguente, grazie alle immagini fornite da un satellite del NOAA, National Oceanic and Atmospheric Administration USA, si vedono le prime 12 ore dell’eruzione. Nei primi frames è possibile intuire l’onda d’urto che, attraversato il pacifico indisturbata, ha proseguito il suo cammino lungo l’intero pianeta, arrivando sull’Alpeadria verso le 21 ora locale, dello stesso giorno, ossia circa 16 ore dopo
L’eruzione di ieri, 15 gennaio, in realtà segue altre due eruzioni minori dello stesso vulcano occorse il 20 dicembre ed il 13 gennaio scorso. L’esplosione associata all’eruzione del 15 è però stata davvero importante, e lo si evince da questo video amatoriale girato casualmente a circa 750 km di distanza dal vulcano stesso.
Vi consiglio di alzare il volume per quanto possibile ed apprezzare l’arrivo dell’onda d’urto dell’esplosione, ricordando, ancora una volta, che ci si trova a 750 km di distanza dall’esplosione.
Un’onda d’urto così marcata, ha proseguito indisturbata il suo cammino viaggiando ad una velocità media di circa 1100 km/h. L’effetto misurabile più evidente in loco all’arrivo dell’onda d’urto è una repentina variazione della pressione atmosferica associata all’impatto dell’onda stessa.
Questo è quello che, stazione dopo stazione, si è iniziato ad osservare in giro per il mondo. Nell’animazione seguente fornita da Tomer Burg, ad esempio, si vede il passaggio dell’onda d’urto in direzione SW-NE sugli Stati Uniti. I pallini colorati indicano le variazioni positive (rosso) o negative (blu) della pressione atmosferica della rete di monitoraggio USA. Alle 8:00 circa ora locale l’onda d’urto approccia la California, per poi abbandonare il Mane nell’estremo NE verso le 11:20.
La prima onda d’urto ad arrivare sull’Alpeadria, però, è stata quella che da Est viaggiava in direzione Ovest.... quasi Bora potremmo dire ;)
Dobbiamo immaginare l’espansione dell’onda d’urto a 360° lungo l’intero pianeta, e nell’immagine seguente vediamo proprio che la prima ad arrivare da noi sia stata quella da est, mentre la seconda (in realtà sempre la prima ma solo in ritardo per motivi di maggiore distanza orizzontale) era ancora sui Pirenei al confine tra Spagna e Francia.
Tutte le stazioni meteorologiche hanno registrato più o meno lo stesso fenomeno, con variazioni della pressione quantificabili in circa uno-due hecto-Pascal (=hPa, i vecchi millibar). Ad un repentino aumento di circa 1.5hPa è seguita una altrettanto netta diminuzione di 2-3 hPa, seguita da una certa turbolenza e graduale assestamento ai valori pregressi.
Una variazione piuttosto significativa quindi, che non necessita di strumenti particolarmente sensibili ed è ben osservabile anche con una stazione meteorologica di tipo amatoriale.
Nell’immagine seguente l’arrivo dell’onda d’urto alle 20.54 alla stazione meteorologica di Storje, Carso sloveno. Grafico tratto dalla rete meteo condivisa SMA-A.
La seconda onda d’urto, dopo aver colliso ed interagito con quella che procedeva in direzione ovest, è giunta smorzata attorno alle ore 2 della notte. Il segnale registrato dai barometri è stato differente dal primo impatto, con una variazione negativa di circa 1 hPa (freccia blu). Le frecce nere indicano l'arrivo del primo impatto.
Nel dettaglio sotto l’arrivo della “seconda” onda d’urto grazie al grafico realizzato da Paolo Minen della Società Meteorologica Alpino-Adriatica nella sua stazione meteorologica amatoriale di Borgnano.
Un altro effetto piuttosto evidente, ma al momento ancora non chiaro se trattasi di coincidenza oppure no, sembrerebbe estrinsecarsi in un aumento della temperatura al suolo. Se la causa dovesse essere correlata all'arrivo dell'onda d'urto, l'aumento di 2° Celsius circa potrebbe essere spiegato con la "rottura" temporanea dell'inversione termica e l'innesco di una leggera turbolenza. Stante la mite massa d'aria presente in quota all'arrivo dell'onda d'urto, ciò spiegherebbe l'anomalia temporanea della temperatura.
GLI EFFETTI SUL CLIMA DI UN’ERUZIONE DI QUESTA PORTATA
Molti si stanno chiedendo, come è lecito, se una eruzione di questa portata potrà avere effetti sul clima globale, ed in particolare sulla temperatura. E’ noto infatti come, in passato, l’attività vulcanica abbia pesantemente influito sulle condizioni climatiche del pianeta.
L’immissione in atmosfera di ingenti quantità di aerosol, in particolare sotto forma di biossido di zolfo, hanno la caratteristica di filtrare la radiazione solare entrante diminuendo, di conseguenza, l’energia che raggiunge la superficie terrestre ed incidendo sul bilancio energetico radiativo terrestre. Detta in breve, le ceneri espulse in atmosfera schermano la superficie terrestre e la raffreddano.
Nell'animazione seguente, la straordinaria sequenza di circa 190000 fulmini associata alla nube di ceneri sparate in atmosfera fino ad un'altezza di oltre 20000 metri.
Secondo le prime stime il rilascio di biossido di zolfo (SO2) in atmosfera in seguito all’esplozione del vulcano Hunga-Tonga è stato finora di 62000 tonnellate. Per confronto, l’eruzione del Pinatubo nel giugno 1991 che causò poi una diminuzione temporanea della temperatura globale stimata in 0.6°C, rilasciò in atmosfera qualcosa come 20 Milioni di tonnellate. L’eruzione di El Chicon del 1982 ne rilasciò circa 7 Milioni.
Siamo quindi molto lontani, per ora, dal poter supporre un effetto evidente sul clima terrestre, ma l’attività del vulcano potrebbe non essere finita qui. In ogni caso, nelle prossime settimane climatologi e modellisti si metteranno al lavoro e vedremo poi, dalle loro simulazioni, se aspettarci o meno qualche effetto significativo sulla temperatura globale.
Sarebbe, in effetti, un aiutino, anche se di breve durata, alla lotta contro il riscaldamento globale di origine antropica. L'effetto degli aerosol vulcanici infatti tende generalmente ad esaurirsi nell'arco di 1-2 anni.
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